Lavorare con l’eolico si può e, dopo lo sviluppo occupazionale registrato
negli ultimi anni, nel prossimo futuro sarà importante scovare le aree di
maggiore interesse e opportunità. In virtù dell’evoluzione normativa che il
comparto eolico sta assumendo, sempre più importanza acquisirà non solo la
capacità di realizzare impianti innovativi, ma quella di saperli gestire nel
migliore dei modi, con efficienza, così come per quelli già esistenti. È in
questo ambito che saranno ricercate le professionalità in cui giovani del Sud
(tra i più specializzati e professionalizzati in Italia) possono trovare occasioni
lavorative nel mondo dell’energia.
Come spiega Simone Togni,
presidente dell’ANEV - Associazione Nazionale Energia del Vento: «Il vento è al
Sud. Le società che si occupano di realizzare impianti, quelle storiche e più
importanti, hanno da subito capito che per un’attività sul territorio di questo
tipo fosse necessario e giusto utilizzare manodopera locale, spesso giovani di
valore del Mezzogiorno, perché più facile già dal punto di vista logistico.
Dallo studio ANEV-UIL 2012, al 2020 potremmo arrivare a 67mila occupati
nell’eolico (oggi 39mila), con un terzo di posti di lavoro stabili e non
soltanto legati al periodo di costruzione. Lavoratori fissi nel settore
gestione, Operating and Maintenance e manutenzione - quindi di “service” per
impianti - che nel complesso arriverebbero a 25mila addetti (oggi 12mila).
Altrettanti quelli di costruzione e installazione». I lavoratori afferenti al
“service” «sono il principale ritorno occupazionale, quello più vero e più
stabile, con un impianto eolico che ha una vita in media di venti anni. Posti
di lavoro per lo più con specifiche tecniche molto elevate che sempre più
potranno essere un plus per i giovani che vorranno impegnarsi».
L’eolico
è da sempre una risorsa del Mezzogiorno. Molte le ricerche e gli studi che
descrivono la capacità nel Sud di
produrre energia rinnovabile dal vento. Tra questi il Rapporto 2012 di
Legambiente “Comuni Rinnovabili” spiega: “Sono 6.912 i MW eolici installati in
450 Comuni italiani. Le torri eoliche con potenza maggiore di 200 kW (grande
eolico) si concentrano nel Sud e sono presenti in 271 Comuni: il 3% del totale
dei comuni italiani, a dimostrazione di come il possibile impatto di questi
impianti rispetto al paesaggio italiano abbia riguardato un’area molto limitata
del Paese. Per gli impianti sotto i 200 kW (piccolo eolico), questi sono
presenti in 246 comuni, di cui 118 al Sud”.
La
stessa presenza territoriale delle pale eoliche, però, ha generato non poche
polemiche negli ultimi anni, dettate dall’ansia di veder nascere impianti in
aree protette o dall’alto valore storico o ambientale. In tal senso più volte
sono state date rassicurazioni da pare degli operatori e delle associazioni di
categoria, sottolineando i vari protocolli sottoscritti che scongiurano la
possibilità per lo sviluppo di un eolico selvaggio. Protocolli cui seguono
controlli, affinché le parole non restino al vento (è il caso di dirlo). Gli
esempi sono proprio nel Mezzogiorno e certificano l’applicazione dei principi
stabiliti. È notizia di pochi giorni fa infatti la bocciatura da parte di
Legambiente di un parco eolico intercomunale nell’area del Gargano in Puglia.
Detto
dei controlli e delle corrette eccezioni, sarà importante per il futuro rendere
sempre più partecipi e consapevoli le comunità locali, potenzialmente ospitanti
di nuovi impianti, della bontà delle opere eoliche soprattutto in termini di
ritorni occupazionali sul territorio. Ciò, allo scopo di non perdere l’ennesima
occasione si generare economie al Sud per motivi più o meno futili, come
l’esteticità di una pala (da molti ritenuta invece un valore aggiunto e
positivo per il paesaggio), soprattutto in aree dove lo stesso scenario non è
certo indimenticabile, come sulle tante dorsali stradali del Meridione.
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laquestioneenergeticameridionale.blogspot.it
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